“L’industria lattiero casearia del settore ovino del Lazio ha deciso di non abbassare il prezzo del latte. Riteniamo questa una decisione coraggiosa e importante in un periodo storico assolutamente anomalo. Ci arriva evidenza di caseifici che stanno intraprendendo percorsi non trasparenti e speculativi da scoraggiare, perché è il modo più squallido per affossare il made in Italy”. Così il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, che si è espresso a sostegno degli allevatori, già duramente messi alla prova dall’emergenza sanitaria.
La vocazione della produzione nel Lazio è principalmente quella lattiero-casearia. Gli allevamenti ovinocaprini registrati nel Lazio risultano oltre 10 mila. Se però consideriamo gli allevamenti a orientamento produttivo esclusivo latte, riscontriamo complessivamente nel Lazio oltre 1400 allevamenti con più di 400 mila capi identificati.
“Riteniamo utile che non si intervenga sul valore del latte ovino – aggiunge Granieri - rispetto ai contratti in essere con gli allevatori, ma che si lavori alla ricerca di risorse comuni per il settore. Fin dall’inizio dell’emergenza in accordo con le forze dell’Ordine è stato costruito un sistema di raccolta dati finalizzato a smascherare eventuali speculazioni sui diversi settori, che sta dando i primi risultati. Il Lazio è penalizzato dal mancato riconoscimento del marchio DOP per il Cacio Romano, una richiesta da troppo tempo ferma sui Tavoli ministeriali, che favorirebbe lo sviluppo del sistema zootecnico laziale, consentendo così l’utilizzo di una quota significativa di latte ovino, per la realizzazione di un prodotto di grande distintività e competitività sul mercato. Così come occorre una distintività del pecorino romano Dop laziale da quello prodotto in Sardegna”.
I dati ufficiali registrano a giugno 2019 una consistenza nazionale del patrimonio ovino, pari a 6 milioni di capi di cui oltre 600 mila nel Lazio, che è la terza regione d’Italia. Nel confronto con le altre regioni, la produzione laziale è orientata principalmente alla produzione di latte, mostrando una specializzazione superiore alla media nazionale. Nel Lazio ci sono, infatti, 300 allevamenti con più di 500 capi, che da soli coprono metà della produzione regionale. Emerge nella nostra regione una maggiore concentrazione della produzione in allevamenti di grandi dimensioni rispetto alla media nazionale. Nel Lazio il 5% degli allevamenti, superiori a 500 capi, detiene il 52% della produzione totale contro un 3% di allevamenti superiori ai 500 capi, a livello nazionale, che si ferma a coprire il 29% del patrimonio ovino nazionale.
“Nel Lazio – conclude Granieri - il territorio maggiormente vocato all'allevamento ovino è il Viterbese, dove si registrano oltre 250 mila capi identificati, più della metà della produzione regionale, seguito da quello romano”. La produzione nelle altre province resta residuale. Solo nel Comune di Viterbo sono presenti oltre 100 allevamenti e più di 40 mila capi identificati. Negli ultimi anni, la produzione del Lazio si sta orientando e diversificando cercando di assecondare i rinnovati gusti del consumatore più propenso a consumare prodotti a più bassa stagionatura e freschi.
Nei giorni scorsi sono partite le prime denunce di Coldiretti Lazio, nei confronti di chi sta speculando sull’emergenza sanitaria causata da Covid-19, soprattutto ai danni degli allevatori, ma sono diversi i comparti agricoli interessati. Attivata, inoltre, da Coldiretti una casella di posta sos.speculatoricoronavirus@coldiretti.it, per raccogliere informazioni e segnalazioni sulla base delle quali agire a livello giudiziario, se non verranno fornite adeguate motivazioni.