19 Febbraio 2019
VITERBO: Latte ovino Mauro Pacifici suona la carica ai pastori della Tuscia. Sala piena al Consorzio Agrario di Viterbo

NIENTE ASSISTENZIALISMO DI BREVE TERMINE, MA POLITICHE PER UN GIUSTO PREZZO E DIFFERENZIAZIONE DALLA SARDEGNA.

Erano in tanti, tantissimi, i pastori presenti al consorzio Agrario di Viterbo lunedì sera per un incontro con il Presidente Provinciale di Coldiretti Mauro Pacifici; una riunione animata, dai toni accesi ma costruttivi, tutti convinti che sia possibile tirare le fila di una problematica ormai giunta ad un punto di grande incertezza. Da tempo ormai si susseguono le proteste dei pastori che sono partite dalla Sardegna, dove il prezzo del latte ovino è sceso a 0.60 cent/litro. Proteste che rischiano, però, ora, di essere arrivate ad un punto morto. Il latte è stato versato per terra, c’è stata grande risonanza mediatica, tutta la politica è intervenuta per fare suo il problema, ma nessuno ovviamente lo ha risolto e le varie opinioni dei partecipanti sono anche contrastanti e rischiano di perdersi nel nulla. Era giusto e doveroso che tutti i pastori sfogassero la loro rabbia, ma ora serve una linea unica, chiara e decisa o tutto ciò che è avvenuto si rivelerà una bolla di sapone poiché le azioni sono troppo scoordinate e differenti tra di loro. Una cosa è certa: il settore va riformato e i pastori hanno diritto ad un prezzo remunerativo del loro prodotto, delle loro fatiche immense e della loro dignità. Non vogliamo più aiuti a pioggia o contributi di corto-medio raggio, come avviene da anni, soluzione che ha portato allo sfacelo di questi ultimi tempi e che uccide il settore. Chi lo ipotizza fa solo del male ai pastori, servono soluzioni di riforma totale del settore dal punto di vista economico, così come Coldiretti fece per il latte bovino con l’etichettatura di origine che ha salvato migliaia di aziende. La paura è anche quella che il latte ovino del Lazio, che è già pagato molto meglio di quello sardo, grazie anche al traino del mercato toscano, possa essere, una volta risolta la problematica isolana, equiparato come prezzi allo stesso, cosa che per i nostri pastori sarebbe la morte. Ciò che per i sardi è un prezzo remunerativo, infatti, per i pastori del Lazio è totalmente insufficiente. Siamo sicuri che questa battaglia sia anche la nostra? Siamo sicuri che non andremo a farci del male? Siamo sicuri che questa polverizzazione di iniziative non serva solo a farci prendere in giro?

Spiega il Presidente di Coldiretti Mauro Pacifici: “Molti pensano che, con una sola azione, magari politica, si possano risolvere tutti i problemi legati a questo settore, ma in realtà non è così semplice e non potra’ mai essere così, poiché il problema è solo di mercato. Il Pecorino Romano DOP rappresenta l’81% dei formaggi di pecora DOP in Italia e il 52% in Ue, prima del francese Roquefort(28%) e lo spagnolo Queso Manchego (20% ). La produzione del Pecorino Romano avviene per il 97% in Sardegna, mentre il resto 3% si produce nel Lazio.

L’ultimo rapporto Istat “Qualivita”, evidenzia la perdita di 100 milioni di euro del “Pecorino Romano” tra i primi 15 prodotti di origine in Italia. Inevitabilmente, si e’ subito verificato un abbassamento dei prezzi dello stesso, per cui, se a gennaio 2018 si poteva acquistare un chilo di prodotto a 7,00/ 7,50 euro al kg, alla fine dello stesso anno il prezzo è sceso a 5,00/ 5,50 euro al kg. Di conseguenza abbiamo assistito ad un crollo del prezzo del latte ovino, con la relativa crisi dell’intero comparto in Sardegna, il quale  conta più di 2,7 milioni di capi ovini insediati in 12 mila aziende.

Tale evento ha investito anche il Lazio, il quale conta una popolazione ovina di circa 720.000 capi con un numero di 3000 allevamenti. Circa il 50%, cioè 310.000 capi e 1.500 aziende sono a Viterbo, la terza provincia a livello nazionale dopo Sassari e Nuoro, che fino ad oggi ha portato a casa prezzi migliori grazie alle varie azioni sindacali messe in campo a difesa del prodotto.

In base ai cali di prezzo registrati per la stagione in corso, possiamo pensare che sia diminuito il consumo procapite di formaggi, nulla di più sbagliato, i consumi sia in Europa che negli Stati Uniti hanno segni positivi, ma si consuma di più prodotto proveniente da altri paesi tipo Bulgaria e altri, che immettono sul mercato grattugiati ingannevoli (Romanella, etc.)

Allora di chi è la colpa? Quello  che manca, e nessuno ancora lo ha fatto, è la ristrutturazione dell’intero sistema di produzione e trasformazione. Le aziende private che producono Pecorino Romano  in Sardegna sono 16 di cui 13 soci del Consorzio di tutela e 12 cooperative di allevatori socie del Consorzio. In base a questi dati si può dedurre una  corresponsabilità tra cooperative e industria.

Si continua costantemente a sforare le quote imposte, anche perché le multe per chi sfora la quota sono ridicole(0,16 euro al kg). Ciò significa che quando il prezzo del formaggio scende per via della sovrapproduzione, per le cooperative di allevatori inizia la gara per svendere prima il latte alle aziende che trasformano. Questo genera un sistema vizioso, per cui le industrie, che conoscono molto bene questo meccanismo, si aspettano puntualmente un prezzo a ribasso. Nel 2018 è stato proprio così: la produzione di Pecorino Romano è stata di 340 mila quintali rispetto alle quote previste che erano 280 mila quintali, 60 mila quintali in più rispetto a quelli richiesti dal mercato.

Oggi si pensa che la soluzione sia dare altri sussidi e aiuti alla Sardegna, trascurando il resto d’Italia. Ma non funzionerà.

Cosa si potrebbe fare? Intanto, come suggerito da un’analisi sui costi di produzione e trasformazione del latte ovino in Sardegna condotta dal professor Antonello Cannas (Dipartimento di Agraria, Università di Sassari), che si è occupato a lungo su questi temi, servirebbe una maggiore coesione delle cooperative, che al contrario si fanno la guerra tra loro. Manca del tutto personale direttivo, tecnico, finanziario e commerciale adeguato: molti presidenti e consiglieri, ad esempio, fanno i direttori e i commerciali. Le reti di vendita sono inesistenti, si aspetta che i clienti bussino alla porta, mentre si continua a dipendere da pochi grossisti. E finché non saranno i produttori ad avere potere contrattuale, il prezzo da fare sul mercato continuerà ad essere deciso dai soliti noti sulla pelle degli allevatori. Si fanno i formaggi “per abitudine”, non c’è alcuna ricerca di mercato, innovazione e promozione dei prodotti. 

 A ciò si aggiunge l’inefficienza del sistema di trasformazione, per cui sarebbe opportuno chiudere un po’ di caseifici: sono troppi, molti sono sovradimensionati e hanno costi fissi troppo alti, tanto che alcuni caseifici non iniziano a lavorare il latte prima del 15 Dicembre di ogni anno. Razionalizzare i sistemi di raccolta del latte; pagare il latte a qualità per fare formaggi migliori; fare i formaggi richiesti dai consumatori e, non da ultimo, migliorare l’immagine dei formaggi ovini seguendo una buona strategia di marketing e  pubblicità come si fa con altri marchi importanti, vedi Parmigiano Reggiano e Grana Padano. 

Fare si che il Marchio principale Pecorino Romano abbia dei prodotti similari (detti smarchiati) o Pecorino Romano di seconda scelta, prodotti dalle stesse aziende che producono il Pecorino Romano, in modo che siano loro a subire le fluttuazioni del mercato, proteggendo il prezzo al marchio Principe.

Non solo, bene il commissariamento del Pecorino Romano richiesto da Coldiretti, perché in questi anni non ha svolto a pieno le proprie funzioni. Ora va inserita una componente allevatoriale consistente nel consiglio di amministrazione e modificato lo statuto, in modo che il consorzio divida il marchio in: Pecorino Romano di Sardegna e Pecorino Romano del Lazio, modello Grana Padano e Trentingrana. In questo modo avremmo una linea in più per assorbire meglio le quantità di formaggio prodotte.

Altro passaggio importante sarebbe ottenere una DOP tutta Laziale, chiamata “CACIO ROMANO”, un altro strumento per drenare le altre produzioni di latte. Immaginiamo se ogni punto vendita d’Italia dovesse inserire queste due nuove linee (Pecorino Romano del Lazio, Cacio Romano), quanto latte ovino troverebbe spazio.

Oggi pensiamo che risolvere il problema in Sardegna, con la tecnica dei sussidi, possa risolvere le situazioni in tutta Italia. Ma non è così. Sarebbe un aiuto nel brevissimo termine, sì, ma che non risolverebbe il problema di fondo, tra un anno ci ritroveremmo allo stesso punto. C’è una cosa  che dovrebbe fare invece la Regione Sardegna, ovvero stimolare le cooperative ad aggregarsi e sviluppare la loro capacità di vendita autonoma, magari con un consorzio di secondo livello. Solo in questo modo sarebbe possibile far rialzare la testa ai produttori di latte ovino, ridando  dignità a TUTTI I PASTORI D’ITALIA! E’ ora di passare ai fatti, è ora di fare proposte concrete, è ora di far scendere in campo chi conosce la materia ed ha voglia di cambiare le cose e lavorare per il bene comune. Vadano le passerelle dei politici, vadano i selfie, vada la voglia di essere tutti dei messia, ma i dati parlano chiaro e le soluzioni devono essere chiare. Non si transige. Io sto con i pastori, io sto con Coldiretti sempre.

 

 

 

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