26 Gennaio 2010
CINGHIALI

Funghi, tartufi, castagne e nocciole diventano merce sempre più rara e preziosa. Nei boschi, i cicli di ricrescita sono spesso azzerati, in montagna, i prati permanenti, i piccoli fossi e i pascoli che sono alcuni dei migliori esempi  della tradizione rurale della regione, sono esposti al pericolo “sopravvivenza”.
Negli nostri uffici – afferma Gabriel Battistelli, direttore della Coldiretti di Viterbo- tutti i giorni c’è qualche imprenditore agricolo che si dispera per i danni ricevuti accusando le pubbliche amministrazioni di immobilismo di fronte di questo annoso problema che, al contrario di ciò che viene da qualcuno sostenuto, è costante e persino in aumento. A fare le spese di questa situazione assurda però non sono più soltanto coloro che lavorano la terra e allevano animali nelle zone interne; sono anche ignari automobilisti che subiscono danni alle proprie autovetture, casalinghe che nel proprio orto fanno incontri ravvicinati da brivido, pensionati circondati a ridosso delle proprie abitazioni.  Sta diventando una vera e propria emergenza che coinvolge una rappresentanza trasversale della popolazione”.
“La situazione è veramente difficile – continua Battistelli – e non solo per i danni causati ai raccolti. Siamo ormai di fronte a un autentico problema sociale. Il nostro settore è indubbiamente quello che, da anni, paga il  prezzo  più caro per la mancanza di una politica capace di riportare le popolazioni di cinghiali, a una densità sostenibile dal territorio. Anche i risarcimenti quando e se arrivano sono poca cosa rispetto alle perdite subite. Tanto che in alcune aree gli agricoltori stanno valutando l’ipotesi di cessare l’attività, perché le coltivazioni servono solo a sfamare i selvatici e non riescono ad approdare sul mercato.  Visto che ai problemi agricoli, si aggiungono altre questioni allarmanti che mettono a rischio il delicato equilibrio ambientale e la stessa sicurezza dei cittadini, è chiaro che siamo di fronte a un’autentica emergenza, da fronteggiare con strumenti eccezionali per riportare la situazione alla normalità e per uniformare i sistemi di stima e controllo”.
Occorre intervenire in maniera radicale poiché ogni tentativo di gestire il problema attraverso la regolamentazione del prelievo venatorio è stato un fallimento. Gli animali si spostano,  si rifugiano e prolificano soprattutto nei parchi e nelle zone protette, gestiti da soggetti pubblici e in queste aree non può intervenire chi ha competenza sulle zone cacciabili. E’ chiaro che dall’empasse si esce solo se la politica vorrà assumersi le responsabilità che le competono. La Coldiretti rinnova ancora una volta l’appello alla Provincia, alla Regione, ma, soprattutto, agli Enti Parco e ai gestori delle riserve naturali affinché si ricerchi e si trovi, anche attraverso protocolli tecnici come per la riserva naturale di Tuscania, una efficace soluzione a questa emergenza che, fra l’altro, produce un’elevatissima erosione di risorse finanziarie che, in tempi di vacche magre, potrebbero invece essere destinate allo sviluppo e alla tutela dei territori rurali.

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